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PERCORSO IDEATIVO

Marino Sponza
nasce a Rovigno d’Istria nel 1944, ma si trasferisce ben presto con la famiglia a Monfalcone.
Dopo aver conseguito il diploma nautico inizia a viaggiare venendo a contatto con nuove popolazioni, diverse culture, svariati modi di vivere.
Il suo interesse per il disegno e la pittura iniziano a manifestarsi sin dalla giovane età e negli anni Sessanta realizza, da autodidatta le sue prime composizioni inerenti alcune tele scenografiche ideate per una rappresentazione giovanile nel teatro della "Repubblica dei Ragazzi" di Trieste.
Successivamente realizza i suoi primi studi ad olio sugli oggetti, grafiche a matita, a pastello e pitture figurative ad olio e ad acrilico. Lavori in cui, come dice l’artista stesso, "vi è la volontà di oltrepassare l’esteriorità degli oggetti", raffigurando delle ombre in antitesi alla luce, "che possa esprimere la sensazione e la funzione avvertibile".
Opere che evidenziano l’eclettismo di Sponza e il suo interesse nei confronti della sperimentazione di diverse tecniche e di differenziati supporti.
Inizialmente egli esplora soprattutto la tradizione coloristica e la tematica impressionista, (paesaggi, regate…), distribuendo il colore sulla tela a tocchi frammentati e veloci, per passare poi a dei dipinti più analitici, più ‘precisi’, che rimandano alle geometrie del cubismo e agli spazi aperti e vuoti della pittura metafisica.
Verso la metà degli anni Settanta Sponza inizia a rivisitare i propri lavori sugli oggetti utilizzando delle forti cromie, a lui sempre molto care. [Prima foto].

Nel 1994 si iscrive al Circolo Artistico MITTELART di Gorizia [seconda foto] dove espone i lavori come un itinerario pittorico a tema in cui è stato articolato un percorso sul comunicare e sulle sue difficoltà.
Le opere in mostra sono state realizzate con diverse tecniche (olio, acrilico…) e materiali eterogenei, fra cui la plastica, ritagliata a ‘profilo di volto’ [ultima foto] e poste in posizione avanzata rispetto al quadro ‘come diafani osservatori che assistano all’opera’.

Con il Circolo Mittelart partecipa a numerosi appuntamenti d’arte a Gorizia, Medea, Monfalcone, Turriaco e Vermegliano.
All’interno delle sale verrà allestita l’ultima mostra intitolata ‘AVANZI’, dove Sponza dipinge tante bottiglie colorate su alcune strisce di plastica, che, appese in galleria verranno poi ritagliate e conservate dai visitatori non come ‘avanzo’ ma come ‘un frammento compiuto che consenta di portare con se un’immagine, divenuta una frase sul lungo discorrere dell’arte’. ‘L’impiego della plastica sottile e le stesure laminari di colore serviranno a proporre, in trasparenza, un possibile modo di fruire l’opera. Il dipinto passa così da unica risposta dell’autore, ad una parte interattiva in cui le emozioni dell’osservatore possono essere componente integrante per la ricomposizione e la fruizione del messaggio’.

Nel 1998 si iscrive al Circolo Mazzini – ENDAS di Monfalcone con cui partecipa a vari appuntamenti d’arte.
Alla fine degli anni Novanta la sua attività pittorica inizia a rallentarsi a scapito della scrittura e dell’ assidua collaborazione con associazioni ed istituzioni.

Nel corso dell’anno scolastico 1999/2000, compone in collaborazione dei brevi saggi per il testo ‘Quattro passi per Monfalcone. Lungo le vie che portano al centro’, iniziativa svolta nell’Istituto Comprensivo Randaccio di Monfalcone, all’interno della quale Sponza ha tenuto delle lezioni di prospettiva e di chiaroscuro e ha invitato poi i ragazzi a riprodurre, con crete a sanguigna, alcuni palazzi situati nelle vie principali di confluenza.
Tali brani che accompagneranno poi i disegni dei ragazzi sono dei racconti che, come afferma l’artista stesso ‘si rivelano una sottile diversificazione, in forma scritta, della sensazione e funzione degli oggetti, ricercata con la pittura a fine anni Sessanta’.
Sempre alla fine degli anni Novanta realizza le sue prime trasparenze su supporti di acrilico e polipropilene, giungendo pian piano all’astrazione.

Le ultime opere di Marino Sponza sono lo sviluppo di un processo di astrazione che l’artista inizia a sperimentare verso la fine degli anni Novanta, ma il cui interesse matura già in giovane età quando la sua pittura è ancora legata al figurativo ed in particolar modo all’Impressionismo e al Postimpressionismo.
Alla base di queste realizzazioni vi è il fascino e la curiosità che ha sempre suscitato nell’artista l’effetto provocato dalla caduta di una goccia di benzina all’interno di una pozzanghera d’acqua, il suo galleggiare in un continuo mutamento di forme e di colori cangianti, la sua sospensione e densità.
Per poter trasporre questo effetto in pittura Sponza utilizza delle lamine trasparenti di acrilico e polipropilene in modo tale da far scivolare velocemente il colore sul supporto.
Colore che viene steso, compresso, plasmato e rimodellato fino ad ottenere l’effetto desiderato, fino a creare dei paesaggi, dei microcosmi.
Paesaggi che sono reminiscenza di viaggi, ricordi della memoria, mai trasposizioni dal vero. Sono i luoghi che Marino Sponza ha visitato nelle sue lunghe traversate, i paesaggi trasformati dagli agenti atmosferici, con similitudini riscontrabili nelle erosioni tipiche della Turchia ed in particolar modo della Cappadoccia, che assumono con il tempo e a seconda di chi le osserva delle forme sempre diverse.
Lo stesso accade nei suoi dipinti il cui aspetto non è mai lo stesso, ma muta a seconda della luce, della collocazione, del colore e degli elementi che compaiono sullo sfondo.
A volte le opere di Marino Sponza vengono private del fondo riflettente che solitamente le accompagna, andando ad integrarsi perfettamente con il paesaggio naturale.
Sono erosioni, zolle, genesi, allocazioni e propagazioni.

Le erosioni sono proposte come immagini dello sfaldamento del paesaggio. Un ambiente che, sottoposto nelle epoche a sottrazione e inclusione di materiale, è costantemente modellato per assumere configurazioni particolari, quasi oniriche.
Le zolle illustrano una ridotta parte di microambiente composto di steli, supportato dalle propaggini radicali e dal materiale insediativi. È un accentuare la visualità del microcosmo per veicolare una riflessione sulla complessità di coesistenza, insita già in un’apparente semplice realtà.
Le genesi individuano immagini prebiotiche di un inizio formativo in cui tutto è modificabile, plasmabile.
Le allocazioni creano, con le forme, un pensiero che può svilupparsi libero, senza essere condizionato da schemi, e infine le propagazioni assumono la forma di molteplici segni grafici, in cui il loro pigmento scorre in un continuo alimentarsi fino a che il percorso fa da traccia al colore’.

Eva Comuzzi
 
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